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Reportage
27 Ottobre 2017
Visite: 3415

Veduta tipica della Val d'Orcia ripresa nel comune di San Quirico.

 

Nell'autunno del 2017 ho avuto modo di passare, per via del mio lavoro, alcuni giorni in Toscana. In particolare dovendomi spostare tra il sud e la costa Nord-Ovest della regione ho deciso di abbandonare l'autostrada per tagliare nell'interno, scegliendo solo strade secondarie, lente e scomode sicuramente, ma che sapevo mi avrebbero fornito uno scorcio più vero sul territorio. La scelta, inutile dirlo, è stata quanto mai azzeccata!

Ho scelto la strada provinciale 146 che da Chiusi taglia tutta la Val d'Orcia, in direzione di San Quirico e da lì la regionale 2 che va diretta a Siena. Le vedute che queste due strade regalano sono mozzafiato. Ad ogni curva il tipico panorama toscano sorprende i viaggiatori con perle paesaggistiche. Vecchi casali circondati da cipressi, ville abbandonate, vigne tinte dai colori autunnali e colline coperte da borghi antichissimi.

Non esiste niente di meglio per un fotografo paesaggista. La luce poi è stata quanto mai propizia. Variazioni di pressione atmosferica mi hanno regalato cieli sempre diversi e mai anonimi: striature, cirri e nuvoloni grigi si sono susseguiti per giorni. All'alba la nebbia ha accarezzato dolcemente le colline più volte creando contrasti e forme sempre entusiasmanti.

 

La cappela di Vitaleta con sullo sfondo il borgo di Pienza.

 

Ho avuto modo di visitare tre spot molto amati dai fotografi, il primo lo potete ammirare nel primo scatto di questa pagina. Spot che mi è costato due ore di attesa nella fredda mattinata autunnale, attesa che però alla fine è stata ripagata da colori pazzeschi e... anche un controllo dei Carabinieri, visto che senza accorgermene sono entrato nella proprietà di un contadino insieme ad altri fotografi per cercare il punto migliore da cui scattare :-)

L'altro spot a cui tenevo molto si trova nelle vicinanze del belvedere di cui sopra ed è la chiesetta di Vitaleta. Una minuscola cappella dispersa nella campagne che secondo me è la summa di tutto il territorio che la circonda: dolci colline, boschi, cipressi e costruzioni rurali. La cappella è lontana dalla strada e l'ho dovuta raggiungere a piedi. La camminata, con tutta l'attrezzatura e il cavalletto, non mi è pesata nonostante sono tornato tre volte nello stesso giorno. Tante sono state le sensazioni che questo posto è riuscito a trasmettermi appena l'ho potuto osservare.

Ancora, nelle vicinanze si può ammirare uno dei casali più belli della Toscana, non per niente qui sono state ambientate delle scene del Gladiatore di Ridley Scott. Anche qui sono dovuto entrare senza bussare sperando che questo proprietario non fosse zelante come il primo.

Il viaggio è proseguito tra tanti borghi: Chiusi, Pienza, Montalcino, San Quirico e in fine Siena. Quest'ultima l'ho visitata altre due volte, ma è una delle mete la quale non si può prescindere in un viaggio in queste meravigliosa terra.

Piazza del Campo a Siena.

 

Qualcuno dice che per godere di qualcosa, per scoprire e capire, bisogna uscire dalla "comfort zone", il giardinetto comodo che ci costruiamo intorno. Io potevo prendere l'autostrada e non l'ho fatto e il risultato è sotto ai vostri occhi.

E' stato bellissimo, ho passato alcuni giorni da solo con me stesso, parlando pochissimo e rimanendo estasiato e rapito da quello che vedevo. Tre persone hanno visto alcune di queste foto in anteprima, tutte separatamente e tutte hanno detto la stessa cosa: mettono serenità. Era la serenità che provavo io!

 

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Racconto del viaggio in Islanda

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Reportage
26 Giugno 2017
Visite: 3868

Io e i miei compagni di viaggio davanti al massiccio del Vestrahorn. Da sinistra Pierpaolo De Gennaro, io, Andrea Bianco (autore della foto) e Pierpaolo Perri.

 

Inizio questo mio racconto descrivendo da subito le differenze rispetto all'ultimo viaggio naturalistico fatto: quello alle Lofoten. Il confronto mi è venuto abbastanza naturale, essendo vicino a livello temporale ma anche geografico. Entrambe le mete sono paradisi per i paesaggisti e non solo, entrambe offrono il meglio si possa trovare in Europa come scenario naturale, dalle montagne alle aurore. Ma le analogie terminano qui. L'Islanda è molto più grande, "vuota" e selvaggia rispetto alle isole norvegesi visitate nel 2016. Fin dai primi chilometri in auto ci è saltata all'occhio la vastità degli spazi aperti, la quasi completa assenza dell'uomo, scacciato da molte zone del paese dalla forza della natura. 

 

La forza della Natura Islandese

Una forza che è forse la cosa che più mi è rimasta impressa. 

Forza che traspare dalla potenza del mare, dal peso enorme dei ghiacciai che tagliano come burro le montagne, dai fenomeni geologici sempre incombenti su un uomo che nulla può se non cercare di adattarsi. Non che le Lofoten siano "accoglienti" verso i loro abitanti, parliamo sempre di isole oltre il circolo polare artico, ma non so come dire, sono "raccolte", offrono con i loro fiordi riparo non solo ai naviganti.

 

La partenza nel nostro viaggio fotografico in Islanda

Siamo partiti da Reykjavik in una fredda mattinata invernale. Visto il numero di chilometri e soprattutto la difficoltà delle strade islandesi ci siamo buttati subito sul 4x4, prenotando una Suzuki abbastanza capiente per 4 persone. Il tragitto progettato prevedeva 8 giorni pieni da trascorrere da sud-est a sud-ovest del paese, ignorando la parte nord, proibitiva sia per i tempi a disposizione che per la paura del meteo invernale. 

 

Il primo giorno del viaggio fotografico in Islanda - Reykjavik -  Höfn,

Quindi appena in sella siamo partiti verso Höfn, minuscola cittadina ad est. Immediatamente notiamo una luce particolarissima, il sole essendo Febbraio si alzava di pochi gradi sull'orizzonte, ma soprattutto sembrava essere quasi fisso: il "giro" che compie è stretto, lo abbiamo avuto sempre sulla destra quasi nella medesima posizione dall'alba al tramonto. Cosa può desiderare di meglio un fotografo se non una lunga alba/tramonto col sole basso ad ammorbidire luce ed ombre?

Altra particolarità è la strana fusione tra terra e mare su molti tratti della costa sud, grandi lagune, di cui è difficile scorgere i confini, cedono il passo ad alte pareti di basalto scuro in un continuo cambiamento del paesaggio che ci ha entusiasmati.

Lagune sulla costa sud dell'Islanda

 

Il meteo nel primo giorno è stato variabile, purtroppo lo è stato per poco ancora. La ring-road, la strada n°1 che compie l'interno giro dell'isola, è scorrevole ma stretta, con due sole corsie, i ponti la riducono ad una sola corsia e spesso hanno il manto in cemento, quindi è abbastanza pericolosa se si pensa che il limite di velocità è di 90 km/h. Noi sfrecciamo veloci, in tutto nel solo primo tratto di spostamenti ci siamo sorbiti ben 450 km, che sono lunghi se si pensa che ci saremmo fermati mediamente ogni 5 minuti rapiti dai paesaggi che ci si presentano davanti.

 

Il paesaggio islandese

Mentre a destra si susseguivano ambienti marini, la parte sinistra, quella interna dell'isola, era costellata da alte cime di vulcani, alcuni anche attivi come l'Eyjafjöll, famoso per l'eruzione che nel 2010 mise in ginocchio il traffico aereo mondiale a causa della nube di cenere sprigionatasi. Le montagne sono spesso tagliate da lingue di ghiaccio, che da lontano non ci sembrano nulla di che ma che nei giorni seguenti abbiamo scoperto essere gigantesche.

 

La ring road islandese ci porta verso est, in lontananza montagne e ghiacciai.

 

Le distanze sono dilatate in maniera esagerata. Attraversiamo come a rallentatore un'enorme spianata vulcanica, per ben 200 km ci ritroviamo a tagliare questa colata immensa. Ai lati della carreggiata ci accompagnavano solo foreste di lava solidificata, ricoperte a tratti da muschio, l'unica coraggiosa forma di vita che vi riesce ad attecchire. Sono rimasto a bocca aperta davanti a tale spettacolo mentre i miei compagni dormivano sfiniti dagli spostamenti. Tutto intorno a noi era vuoto! Durante il viaggio meglio non distrarsi però, ogni tanto macchine semi - distrutte ai lati della strada ci ricordano che l'impatto con queste rocce può essere molto spiacevole.

Le foreste pietrificate di lava.

 

Gli unici animali che abbiamo intravisto sono cavalli e pecore domestiche: ogni tanto infatti qualche fattoria punteggiava il paesaggio, solitamente vicino a piccole ed enormi cascate, immagino per poterne sfruttare il flusso. Le moderne costruzioni o i capannoni sorgono a fianco di piccole casette in pietra letteralmente piantate nelle terra, col solo tetto e le porte a spuntare: gli antichi islandesi avevano trovato un buon metodo per sfruttare il calore della terra e nel contempo ripararle dal vento che spesso soffia impietoso sull'isola. Vento che non trova ostacoli naturali se non le montagne, sono infatti quasi del tutto assenti gli alberi. Ogni tot di chilometri i cartelloni elettronici ci segnalavano la velocità del vento e quindi la pericolosità per la guida: abbiamo scoperto a nostre spese quanto questi supporti fossero utili negli ultimi giorni di viaggio! Tranne questi piccoli segni di civiltà per il resto eravamo soli. I paesini sono microscopici e rari e sorgono a grande distanza tra di loro: gli islandesi non sembrano soffrire di solitudine!

 

Fattoria islandese.

 

Dove abbiamo alloggiato in Islanda

È buio da parecchio quando arriviamo alla nostra meta: una guesthouse di cui non abbiamo mai visto il proprietario (cosa assolutamente comune qui), che condividiamo con altri gruppi provenienti dalla Cina e dal Messico. Tutto è tranquillo, abbiamo trovato la nostra piccola camera che ci ha ospitato 2 notti al piano superiore. Dopo la doccia e la cena, siamo scappati subito fuori a cercare l'aurora. Una ricerca quasi vana che ci ha accompagnato per tutte le sere passate in Islanda, coronata da qualche piccolo successo. La guesthouse è sempre aperta, le chiavi restavano attaccate fuori, tutti entravano ed uscivano nella massima tranquillità e rispetto: ci ha un po' colpiti questo approccio così free!

 

Il viaggio in Islanda continua

I giorni successivi abbiamo cominciato a fare il percorso all'inverso, fermandoci però mediamente ogni 100 km per visitare gli spot migliori prefissati e cambiando quindi casa quotidianamente. La cosa è stata abbastanza pesante, immaginate di dover vivere con le valigie fatte, praticamente in macchina. Ma come già detto l'isola è grande e le attrazioni distanti tra loro quindi non ci sono altri metodi. Consiglio un forte spirito di adattamento se mai ce ne fosse bisogno.

 

Il clima Islandese

Il clima è davvero tosto, non tanto per la temperatura (su cui scriverò tra poco un paragrafo a parte) ma per l'estrema variabilità: si passa in pochissimo tempo dalla grandine mista a neve alla pioggia battente. Non ci sono state aperture del cielo durante tutta la durata del viaggio, se non in rarissimi casi. Fotografare in Islanda è davvero difficile, abbiamo lottato continuamente contro  l'acqua sui vestiti e sull'attrezzatura. Acqua che arriva dal cielo ma anche nebulizzata dal mare e dalle cascate che rende ogni operazione, ogni scatto, un'impresa.

 

Tappa al ghiacciaio Vatnajökull

Sono rimasto davvero colpito dal ghiacciaio Vatnajökull. La parte centrale dell'Islanda è un'enorme calotta glaciale, la più grande d'Europa. Qui nascono quelle bellissime lingue di ghiaccio azzurro che abbiamo intravisto il primo giorno. Col suo peso e il suo lento incedere il ghiaccio ha tagliato le montagne striando i loro fianchi come un bambino scolpisce la sabbia al mare con le dita. Gli iceberg che si staccano dal fronte del ghiaccio sono uno spettacolo inenarrabile. Avevamo prenotato una visita guidata dentro al ghiacciaio, in pratica con l'ausilio di una guida ci si può addentrare nelle grotte di ghiaccio ed assistere ad uno spettacolo unico al mondo. Purtroppo a causa di una temperatura insolitamente alta per l'inverno, il ghiacciaio era instabile e pericoloso. Per questo motivo abbiamo rinunciato alle "ice cave". La cosa ci ha demoralizzato tantissimo non ve lo nascondo, era uno dei motivi principali del viaggio ma purtroppo questa è la realtà del nostro pianeta oggi. Ho riflettuto tanto su questo episodio e di come siamo spettatori colpevoli del cambiamento drammatico della temperatura globale.

 

Il vento islandese

Negli ultimi due giorni il meteo ha subito una variazione repentina con l'arrivo di un vento fortissimo. Nel frattempo noi siamo giunti ad ovest e le raffiche da 135 km/h ci hanno accompagnato impedendoci letteralmente di fotografare e spesso anche di stare in piedi. La macchina anche a 50 km/h era sballottata da una corsia all'altra con i pericoli che ne conseguono. Il piccolo cottage di legno, che ci ha accolto caldo all'ultimo spot, tremava tutto sotto le forti raffiche tanto da sembrare colpito da un terremoto costante. 

 

Il museo dello squalo marcio

Il vento però non ci ha impedito di fare una visita al museo dello squalo marcio, piatto tipico e "delizia" islandese: lo abbiamo assaggiato ma forse sarebbe stato meglio non farlo! Immaginate di mangiare un tocco di ammoniaca: la carne di questo pesce è infatti carica di ammoniaca e si sono inventati un procedimento folle per renderla commestibile.

  • Appena pescato il pesce viene sezionato e seppellito nella nuda terra per qualche mese (evidentemente non vi sono nelle sabbie islandesi insetti e vermi);
  • Una volta disotterrato viene messo ad asciugare per qualche altro mese;
  • Il piatto è pronto! surprised

 

Museo dello squalo marcio.

 

Come sono gli islandesi?

Gli islandesi sono simpatici e gentilissimi, sembravano non colpiti dalla nostra iper-attività. Conducono un'esistenza abbastanza lenta, anche nella capitale che ospita l'80% della popolazione dell'isola e ancor di più nelle campagne. Il loro rapporto con l'ambiente ci è sembrato molto responsabile. Godono e temono questa natura fortissima. Nelle case ovunque entra l'acqua calda geotermale proveniente dalle centrali, ma allo stesso tempo sono sottoposti ai capricci di queste forze terrestri.

 

Islanda terra di confine

L'Islanda è una terra di confine, con tutto quello che ne consegue: è sottoposta a sconvolgimenti anche veloci, è giovane e impetuosa, in alcuni momenti ci ha davvero fatto paura per il suo essere selvaggia e imprevedibile. Tutto qui è in rapida evoluzione, in particolare i fenomeni geologici e meteorologici che la sconvolgono e la fanno assomigliare ad un bimbo che cresce e gioca.

 

 Video realizzato da Pierpaolo Perri.

 

P.S. Per chi volesse approfondire trova gli articoli che parlano specificamente dei singoli spot a questo link.

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Stromboli

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Reportage
28 Luglio 2014
Visite: 3568

Nel mese di Agosto del 2010 ho trascorso due giorni sull’isola e sul vulcano di Stromboli.
Trovarsi così vicini ad un vulcano attivo infonde una strana sensazione, una sorta di ossequioso rispetto verso una vera potenza della natura. Lassù ti senti piccolo e impotente davanti a tanta terribile bellezza.

L’ascesa alla vetta è abbastanza difficoltosa per via della ripidezza del percorso - sono 950 i metri di dislivello totali da superare in due ore e mezza circa - ma è anche in grado di regalare scenari maestosi.
Salire comporta l'obbligo della presenza di una guida. La protezione civile ha infatti chiuso la parte sommitale all'accesso pubblico per via dei numerosi incidenti che vi si sono verificati nell'arco degli anni.

Fino ai 500 metri di quota circa ci si muove in un tipico paesaggio di macchia mediterranea, tra arbusti, canneti e capre selvatiche, il tutto inserito in una riserva naturale orientata. Da questa quota in poi tutto cambia e rapidamente, la vegetazione si fa sempre più rada fino a scomparire completamente, sostituita dai sabbioni e dalle rocce vulcaniche.
Il “Liscione”  su cui ci si inerpica dai 500 metri in su è un percorso impervio e zigzagante tra le rocce, dove è meglio aiutarsi con i bastoni e che si percorre lentamente per non rischiare di innescare una caduta di massi che potrebbero essere pericolosi per chi segue.
Tutto intorno è un continuo di rocce fuse denominate “bombe”, espulse con violenza in migliaia d’anni di attività le cui dimensioni vanno da piccoli sassi che stanno in una mano a massi ben più grossi.

Agli 800 metri si cominciano a intravedere le prime bocche, poste alla nostra stessa altezza ma distanti davanti a noi.
Da questa quota in poi si sale lungo una cresta continua e affilata che porta fino al “Pizzo”,  cima principale. Da qui si dominano le bocche eruttive che sono sotto all’osservatore di una cinquantina di metri.

Le “Fontane Stromboliane”, tipico fenomeno che dà il nome a questo genere di eruzioni, è contraddistinto da frequenti e durature emissioni a intervalli regolari di fontane e brandelli di lava. Le bocche eruttano mediamente ogni 15-20 minuti offrendo un spettacolo di incommensurabile bellezza.

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Racconto di viaggio alle Lofoten

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Reportage
18 Novembre 2016
Visite: 8577

 

A distanza di mesi cerco di mettermi a scrivere questo ultimo articolo sul viaggio in Norvegia. Era da un po’ che ci pensavo, ma ovviamente, come potrete immaginare, non è affatto facile racchiudere, in un unico scritto, tutte le mie impressioni e le sensazioni su di un viaggio così intenso.

Gli articoli precedenti erano dedicati ai singoli spot e analizzavano quindi il luogo preciso, raccontandone le peculiarità, anche e soprattutto, dal punto di vista tecnico. Qui invece cerco di fornire, con un respiro più ampio, i retroscena, i sentimenti, le emozioni e in generale quello che mi ha lasciato dentro la Norvegia.

Partiamo dal percorso, lungo e tribolato, che ci ha spaventato fin dall’inizio. Io ero completamente pronto e sapevo quello che ci aspettava, dopo tutto erano “solo” 4 anni che pensavo e pianificavo questo viaggio. I miei amici invece... no!

Gli spostamenti prevedevano questo “mirabolante” tracciato:

  • Cosenza - Roma in macchina
  • tre spostamenti aerei tra Roma, Berlino, Oslo e infine Bodo
  • auto a noleggio presa all’aeroporto di Bodo e successivo traghetto direzione Lofoten
  • tre ore e mezza di traghetto nel mare del nord
  • ultima ora in auto per raggiungere la nostra casetta dei pescatori a Ballstad.

Il tutto effettuato in poco meno di 36 ore!!! Capirete bene che alla fine eravamo un po’ provati. Appena giunti, alle 7 di mattina, siamo sprofondati in un lungo sonno. Ad aggravare la nostra stanchezza ha contribuito fin da subito una condizione particolare di quelle terre del nord: a Maggio avevamo quasi il “sole di mezzanotte”. Essendo le Lofoten oltre il circolo polare artico, presentano una luce costante nei mesi estivi, col sole che non tramonta mai e 2-3 mesi invernali di notte artica. Questa caratteristica mi sembrava una cosa da nulla prima della partenza ma alla fine del viaggio devo dire che ha un notevole impatto sui normali ritmi a cui io, abitante del sud Europa, ero inconsciamente abituato.

Comunque infine furono le Lofoten! Tanto desiderate, tanto viste su internet, esplorate su decine di mappe. Cattedrali di basalto in mezzo all’oceano, fiordi e spiagge sconfinate, acqua e neve. Questo sono le Lofoten. Un lembo di terra che si stacca dalla penisola scandinava e corre parallela alla costa continentale per 300 km, suddiviso in una miriade di isole e isolotti tutti connessi tra loro mediante ponti e tunnel sottomarini e abitato da 20.000 persone circa. Un eden per i fotografi paesaggisti che qui possono trovare spunti ad ogni passo. Le cime fin da subito impressionano, non sono altissime, le più alte superano di poco i 1000 metri, ma essendo a strapiombo nel mare e ovviamente quasi sempre incappucciate di neve, lasciano a bocca aperta fin da subito.

Dopo le cime, arrivando sull’arcipelago si nota immediatamente un’altra cosa: lo stoccafisso! Il suo odore si sente nelle narici da appena sbarcati, i lunghi filari con migliaia di merluzzi appesi punteggiano tutte le isole. Le Lofoten sono regine nella produzione di merluzzo essiccato e in salamoia e l’Italia è uno dei principali importatori di questo prodotto. Nel 1600 il viaggiatore veneziano Pietro Querini naufragò in quelle acque e fu costretto a passare sei mesi in compagnia dei pescatori norvegesi; al suo ritorno importò presso la Repubblica di Venezia questo prodotto sconosciuto che divenne quasi immediatamente un prodotto della tavola veneta.

Le rastrelliere sono ovunque e variano da piccole dimensioni a produzioni industriali. Il pesce è lasciato all’aperto, sotto l’azione degli agenti atmosferici e soprattutto del freddo che garantisce una perfetta essicazione. Piccola nota: i pesci vengono decapitati perchè con le lingue viene fatta una zuppa e quindi le le teste vengono essiccate a parte.

Le rastrelliere cariche di merluzzo

 

Il rifugio che ci accoglie infreddoliti alle 7 di mattina è proprio una vecchia casetta dei pescatori, una Rorbu come la chiamano gli indigeni. Tutta in legno e poggiata su piloni che affondano nell’acqua, con un piccolo molo che permette l’accesso diretto al mare, una cosa comune per quasi tutte le abitazioni. Tutti qui hanno un rapporto diretto col mare, tutti hanno una barca e vivono di quello che questo mare pescoso offre. Ovunque richiami alla vita marinara sono visibili: scheletri di pesci abissali campeggiano sui balconi delle case; gomene, funi e reti adornano i piccoli moli. A Nusfjord hanno persino realizzato un piccolo anfiteatro in legno tra le rocce per poter apprezzare il mare. Dopotutto sono isolani!

Anfiteatro sul mare a Nusfjord

 

Ma torniamo a noi: eravamo piombati in un sonno ristoratore che ci ha rubato metà della prima giornata, ma questo non è un problema visto che qui la luce non manca mai, a metà Maggio il sole tramonta per un’ora e mezza e anche quando questo avviene ovviamente è presente molta luce, così che si può scattare a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Noi eravamo in 4, Andrea e Pierpaolo, entrambi fotografi e l’altro Pierpapolo,  videografo.  Abbiamo deciso di affittare l‘intera casetta per risparmiare e poter cucinare qualcosa da soli - la vita in Norvegia è molto costosa, vige la Corona Norvegese con cui l’Euro ha un cambio sfavorevole -  appena svegli quindi via verso il supermercato per fare la spesa ed essere pronti per la prima serata fotografica. Qui si potrebbe aprire una lunga parentesi sui supermercati norvegesi e i loro prodotti, ma riporterò solo due particolari molto caratteristici: 1. non esiste l’acqua in bottiglia, quella che c’è è sempre aromatizzata al limone e costa tantissimo, 2. non è possibile comprare birra al sabato: insomma stranezze nordiche!

Sistemate le nostre cose cominciano quindi le uscite quotidiane che avvengono sempre intorno all’ora di pranzo o subito dopo e che ci portano a toccare un paio di spot al giorno, solitamente spiagge e piccoli borghi. La “notte” nella casetta si dorme poco e male, le case qui non hanno imposte alle finestre né tantomeno tende che possano oscurare bene, insomma se scegliete di andarci d’estate ricordatevi una buona mascherina. In cambio la vista è sempre da sballo, basta affacciarsi per scoprire la pace. Noi alla fine ci siamo ritrovati a bighellonare in giro fino almeno alle 3 di notte alla ricerca di una luce particolare tra tramonto e alba e dormendo fino alle 10 - 11 di mattina.

Le vista dalla mia camera da letto dalla Rorbu di  Kræmmervika Rorbuer a Ballstad.

 

Le temperature sono abbastanza miti, si oscilla tra 0 e 8 gradi, le isole godono dell’influenza della corrente del Golfo del Messico che lambisce queste coste, ovviamente freschine per noi uomini mediterranei, abituati ai 25 gradi che abbiamo lasciato in Calabria e cosi il primo giorno abbiamo dovuto un po’ acclimatarci.

Il meteo è estremamente variabile. La vicinanza al polo e la presenza dell’oceano determinano cambi repentini, si passa in poche ore dal cielo sereno a pioggia e neve, con le conseguenti difficoltà nello stare fuori su spiagge enormi con pesante e delicata attrezzatura da portarsi dietro. Qualcosa a riguardo la può raccontare il mio amico Piero, venuto con la chiara intenzione di produrre Time-Lapse da urlo ma che alla prima uscita a Uttakleiv Beach, ha visto portarsi via tutta l’attrezzatura sul cavalletto da una grossa ondata oceanica spinta dal vento impetuoso. Evento che avrebbe potuto guastare il morale dell’intero viaggio ma che lui ha gestito con grande filosofia (e non mi sarei aspettato nulla di diverso conoscendolo), ma che da subito ci ha messo sul chi va là riguardo alle condizioni di un territorio forte e imprevedibile.

 

Il Time-lapse di Piero realizzato con le  nostre attrezzature.

 

L’acqua è una costante, sui vestiti e sull’attrezzatura, ma le cose che la rendono davvero fastidiosa sono rappresentate dalla condensa che al rientro in macchina ricopre totalmente la reflex e, soprattutto, i continui schizzi di acqua sulle lenti frontali degli obiettivi e dei filtri che possono rendere vane esposizioni anche molto lunghe. Scattando vicino al mare e con perturbazioni quasi costanti, siamo stati costretti a cercare delle finestre nel meteo che a volte constavano letteralmente in pochi minuti, in cui correvamo per la spiaggia per poter fotografare tra uno scroscio di neve e l’altro, lottando col vento e il freddo alle mani.

E cosi siamo andati avanti per ore e per giorni, accompagnandoci tra queste cattedrali di basalto, in mezzo a rocce e massi enormi, col solo vento a farci compagnia. La scarsissima antropizzazione delle isole ti permette di girare per mezze giornate senza intravedere nessuno. Si sta da soli con se stessi, immersi nel paesaggio e nella natura selvaggia degli elementi. Il fragore del mare è sempre presente specie se si fotografa su coste esposte ad ovest, per il resto è puro silenzio, anche perchè le parole da dirsi finiscono quasi subito, tanto è lo stupore per quello che ti aspetta ad ogni spot.

I norvegesi, (quei pochi che abbiamo visto) sono gentili ma schivi e abbiamo fatto fatica a capirne i ritmi giornalieri. Noi avendo cicli di luce e buio sempre piuttosto precisi siamo abituati a compiere tutte le attività lavorative nelle ore di luce ovviamente, ma loro che hanno abbondanza di sole in estate e zero d’inverno sembrano non avere orari. Semplicemente fanno quello che devono quando vogliono senza pensare troppo al discorso di notte e giorno, tanto lì questi concetti sono piuttosto dilatati. Sembrano essere anche parecchio nazionalisti o in generale attaccati alle tradizioni, su tutte le case campeggia il vessillo nazionale; cosi come molto attaccati anche all’ambiente e al vivere la natura che li circonda. Anche col brutto tempo è facilissimo trovare surfisti che cavalcano le gelide onde oceaniche oppure free-climber e trekker che percorrono i sentieri e le pareti, insomma pochi convenevoli perchè qui non ci sono scuse per farli. Mi è sembrata gente vera e “tosta”.

Le poche cittadine sembrano pigre e assonnate, i negozi hanno orari di apertura semplicemente pazzeschi per noi (11:00 - 16:00 !!!), tranne che al sabato pomeriggio quando si animano fin troppo. Gli isolani, come altre popolazioni del Nord Europa, non sembrano avere freni inibitori in quanto a consumo di alcool :-). Qui ho subìto il primo test alcolemico della mia vita. La Polizia non fa posti di blocco, gira direttamente a piedi e appena intravede da lontano un’auto in movimento la ferma ed effettua il test. Nel mio caso la povera poliziotta è rimasta addirittura incredula davanti allo zero punto zero del risultato, non riusciva a credere che nell’intero paesino ci fosse ancora qualcuno di vagamente sobrio.

I miei compagni di viaggio a cui ho fatto riferimento prima e che adesso presenterò nel dettaglio sono stati davvero speciali. All’inizio del viaggio, non conoscendoli sotto questo aspetto, ero pensieroso, condividere un’impresa come questa, con lunghi spostamenti, freddo pungente, carenza di sonno e tutto il resto può mettere alla prova i nervi di tutti, ma loro hanno saputo godersi con me il percorso prima che la meta, sempre con leggerezza e allegria, sopportando rotture di scatole e inconvenienti.

 

Andrea Bianco

 

Pierpaolo Perri

 

Pierpaolo De Gennaro

 

Con queste foto dei miei amici concludo questo lungo articolo di sunto sul viaggio e spero che possa essere utile per chi vorrà intraprendere un viaggio in queste meravigliose isole alla fine del mondo.

Come già detto troverete nella pagina Luoghi e Riferimenti di questo sito tutti i racconti e le indicazioni per raggiungere i singoli spot fotografici che abbiamo toccato.

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Isola di Cefalonia - Grecia

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Reportage
28 Luglio 2014
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Nell’estate del 2009 ho girato in lungo e in largo questa meravigliosa isola del mar Ionio con alcuni amici per 10 giorni, scoprendone i segreti e rimanendo molto affascinato dal suo animo selvaggio.

Davanti all’idea di scrivere questo reportage mi sono un po' bloccato.  Sarebbero tante le cose da raccontare, ma preferisco affidarmi alle immagini e alle emozioni che sono certo esse vi comunicheranno.

Dico solo che Cefalonia è un posto dove è possibile trovare una realtà diversa, un modo semplice di guardare all’ambiente e ai rapporti umani; ci si capisce con uno sguardo e tutto sembra più limpido e sincero.

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Luca Ippolito
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